I cittadini che ritengono di essere di fronte a un abuso edilizio hanno la possibilità di appurarne l’effettiva esistenza richiedendo l’accesso agli atti amministrativi. Questo diritto, previsto dalle legge, è stato altresì motivato da una serie di pronunce del Tar (Tribunale amministrativo regionale), mirate a consentire un controllo più capillare e diffuso dell’attività edilizia.
Tra le disposizioni, c’è ad esempio quella che prevede la pubblicazione nell’albo pretorio del titolo edilizio (art. 20 Dpr 380/2001). L’articolo 27, comma 1-3 del Dpr 380 del 2001, inoltre, prevede che i cittadini possano denunciare eventuali violazioni alle “ prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi .
Può farlo qualsiasi cittadino che voglia verificare che un presunto abuso edilizio sia stato compiuto, allo scopo di salvaguardare un proprio diritto (anche solo potenzialmente). La facoltà di accedere agli atti è concessa dagli articoli 22 e seg. della legge 241 del 1990.
Non secondo il Tar: questa circostanza non presupporrebbe il trattamento di alcun dato sensibile. Del resto, supporre il contrario significherebbe consentire agli eventuali autori degli abusi di eludere qualsiasi controllo in nome di una presunta – ma in effetti inesistente – tutela della privacy.
Se quindi, ad esempio, un cittadino ritenesse che esistono degli abusi edilizi nel fabbricato in cui abita, potrebbe accedere all’intera documentazione tecnico-amministrativa relativa alle opere realizzate per verificare se gli interventi abbiano o meno messo a repentaglio la sicurezza e la stabilità dell’ edificio . La Corte di Cassazione (Cass. civ. ord. n. 19327/2020) ha inoltre riconosciuto anche lo stesso, identico diritto anche all’ amministratore del fabbricato.
Se la Pubblica Amministrazione interpellata non dovesse accogliere la richiesta, è possibile ricorrere al Tar della propria regione.
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