Nel 2010 e nel 2011, nelle fatture di energia elettrica consumata in locali e luoghi diversi dalle abitazioni è stata applicata un’accisa (ovvero un’imposta di consumo) , prevista dal d.l. n. 511/1988 che disciplina le addizionali provinciali. La stessa accisa, tuttavia, è stata soppressa nel 2012 per incompatibilità con la normativa europea.
La Corte di Giustizia ha evidenziato un contrasto della suddetta imposta con l’articolo 1, comma 2 della direttiva n. 2008/118 della Comunità Europea, la quale detta le norme generali in tema di accise; queste imposte, che potevano essere applicate solo per uno scopo specifico, sono invece state utilizzate per esigenze di fiscalità generale.
La Corte di Cassazione si è espressa sul tema con due sentenze recenti (la n. 27101 e la n. 27099 del 2019), che affermano il diritto degli utenti ad ottenere dal fornitore il rimborso delle somme non dovute per addizionali provinciali pagate nel 2010 e 2011 (dato che il termine per la prescrizione è di 10 anni).
Tramite le fatture e le bollette dell’energia elettrica del 2010 e 2011 si può risalire agli importi delle addizionali provinciali per cui spetta un rimborso. In alcuni casi, le somme sono ingenti: per le aziende con alti consumi si può arrivare a decine di migliaia di euro di indebito.
Agire in sede civile è possibile; la prima cosa da fare è inviare una lettera in modo da interrompere i termini della prescrizione.
Il nostro studio è a disposizione delle aziende che desiderano verificare la propria posizione ed eventualmente avviare la procedura per ottenere la restituzione degli importi non dovuti.
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