Riciclare non basta: con il Right to Repair (diritto alla riparazione ) l’Unione Europea assicura una vita più lunga a molti prodotti di consumo, incentivando così la riduzione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE).
In vigore nei paesi dell’Unione Europea dal 1° marzo 2021, il Right to Repair impone ai produttori di mettere in commercio elettrodomestici, apparecchiature elettriche e altri oggetti di uso comune che siano facilmente aggiustabili, rendendo disponibili pezzi di ricambio e istruzioni per la riparazione .
Una controtendenza decisamente positiva rispetto alla cosiddetta obsolescenza programmata dei prodotti, per cui le aziende creano articoli con vita breve promuovendone la sostituzione in tempi sempre più rapidi.
Al momento il requisito della riparabilità è previsto solo per alcune categorie di prodotti.
Secondo il nuovo regolamento europeo, infatti, ai consumatori deve essere garantita la disponibilità dei pezzi di ricambio per:
– motori elettrici
– sorgenti luminose
– sistemi di refrigerazione
– server e unità di archiviazione di dati
– televisori e schermi elettronici
– lavatrici, asciugatrici, lavastoviglie e altri elettrodomestici di uso quotidiano.
La norma precisa che i ricambi essenziali devono essere messi a disposizione dei riparatori professionisti per almeno 7-10 anni dall’immissione sul mercato del prodotto. Priorità, dunque, a tecnici e centri assistenza: solo una quantità residuale di pezzi sarà acquistabile per le sostituzioni fai-da-te.
Benché si tratti di un risultato incoraggiante, secondo l’associazione Right to Repair la lotta contro l’obsolescenza programmata è ancora lunga. La norma, infatti, esclude ancora prodotti di larghissimo consumo come computer e smartphone , e i tempi garantiti per la sostituzione sono ancora troppo lunghi: 15 giorni lavorativi possono incidere significativamente sul ménage di una famiglia, specie se a rompersi sono prodotti essenziali come una lavatrice o un frigorifero.