Una malattia si evolve in modo sfavorevole per il paziente, o la terapia non ottiene gli esiti sperati: quando si può davvero parlare di
responsabilità medica
e chiedere un risarcimento?
Sul tema, indubbiamente delicato, ha fatto chiarezza la
riforma Gelli
(legge n. 24/2017).
Per la prima volta la responsabilità sanitaria viene affrontata in quadro normativo unitario, con 18 articoli che definiscono anche quando un paziente può effettivamente richiedere i danni al medico o alla struttura sanitaria.
La responsabilità medica esiste se chi esercita un’attività sanitaria commette errori , omissioni o violazioni degli obblighi previsti dalla legge , causando un danno al paziente.
Per danno si intende qualsiasi lesione alla salute psico-fisica attribuibile al medico o alla struttura sanitaria.
Ad esempio, il danno può derivare da:
> una diagnosi errata
> una terapia sbagliata
> la mancanza di un valido consenso informato
> l’omissione della dovuta vigilanza.
La legge Gelli ha introdotto due diversi sistemi di responsabilità per il singolo medico e per la struttura sanitaria.
La responsabilità del medico è di tipo extracontrattuale : questo significa che, se la responsabilità è accertata, il medico risponde per colpa ai sensi dell’art. 2043 del codice civile.
Per dimostrare la colpa del medico, il paziente ha l’onere di
dimostrare l’errore commesso, il danno subito e il cosiddetto nesso causale tra i due
.
Secondo la legge Gelli, se il medico dimostra di essersi attenuto alle linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità non può essergli attribuita alcuna responsabilità penale per imperizia.
La struttura sanitaria risponde invece solo per la responsabilità contrattuale ; se il paziente pensa di avere subito un danno dall’ospedale, dovrà provare il rapporto contrattuale con la struttura (attraverso, ad esempio, i documenti che provano il ricovero o descrivono la terapia) e dimostrare il danno subito.
Per tutte le strutture sociosanitarie pubbliche e private e per i professionisti che entrano in rapporto diretto con i pazienti, la riforma ha inoltre previsto l’ obbligo di stipulare una polizza assicurativa per coprire i rischi derivanti dalla responsabilità medica.
La prima cosa da fare per provare a chiedere un risarcimento è contattare un avvocato e verificare che il rapporto di causalità tra il danno e l’operato del medico o dell’ospedale esista e sia effettivamente dimostrabile.
Se si decide di procedere, si possono percorrere due strade alternative:
In questo caso un consulente tecnico nominato dal tribunale è chiamato ad accertare la colpa in via preventiva e a quantificare il danno risarcibile attraverso. La sua perizia servirà poi a trovare un accordo e a decidere se rivolgersi o meno al giudice.
Le parti (paziente e medico e/o struttura sanitaria) cercano di trovare un accordo in via stragiudiziale, cioé senza andare in giudizio.
Solo dopo aver tentato una di queste due procedure il paziente può rivolgersi al giudice per ottenere il risarcimento del danno.
Il paziente può agire direttamente nei confronti dell’impresa di assicurazione che copre la struttura sanitaria o il medico, nei limiti delle somme per le quali opera il contratto ed entro i termini di prescrizione previsti (5 anni per il medico, 10 anni per la struttura).
Per agevolare l’azione diretta, le strutture sanitarie devono pubblicare sul proprio sito web la denominazione dell’impresa di assicurazione e i prestatori dei quali si avvale.
Va precisato che la struttura sanitaria o il medico dovranno comunque partecipare al processo civile.
Se pensi di avere subito un danno da responsabilità medica e hai bisogno di assistenza legale, contattaci per una consulenza .
L'articolo Responsabilità medica: quando si può chiedere un risarcimento danni? proviene da Studio Legale Palmigiano.